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venerdì 18 marzo 2011

Viaggio all'inferno



Il popolo degli abissi è il resoconto di Jack London dell’estate del 1902, da lui trascorsa nell’East End di Londra, come un marinaio in cerca di lavoro e sistemazione.
Il quadro che London fa della massa di popolazione costretta dalle circostanze a vivere peggio di animali, senza prospettive, è agghiacciante. Ogni capitolo descrive un’esperienza diversa, dalla ricerca di un lavoro, a quella di un alloggio e un pasto caldo. 
La vita di questa gente non valeva nulla, non avevano diritto nemmeno a un trattamento dignitoso da parte di chi avrebbe dovuto offrire loro assistenza. Ed è un circolo vizioso, senza via d’uscita. Più le condizioni di vita diventano precarie, più si è facili vittime di malattie. Se ci si ammala non si può lavorare, così non si può nemmeno mantenere un alloggio umido e insufficiente nei bassifondi. 
I numeri che snocciola sono sconcertanti. ... le statistiche londinesi raccontano una storia terribile. La popolazione di Londra è un settimo di quella totale del Regno Unito, e a Londra, anno dopo anno, un quarto degli adulti muore affidato alla pubblica carità, in ospizi, ricoveri e asili. Tenendo presente che i ricchi non finiscono certo in questo modo, diventa chiaro che almeno un lavoratore adulto su tre è destinato a morire da mendicante.
Ma se i numeri mettono i brividi, le testimonianze strizzano il cuore e lo stomaco, rendendo quei numeri qualcosa di concreto.
La cosa, però, che fa accapponare la pelle ancora di più per un lettore contemporaneo, che in teoria dovrebbe sentirsi lontano da quella realtà, è invece la sensazione che quella situazione sia il dagherrotipo di una realtà contemporanea. Quando London sottolinea che i lavoratori non hanno prospettive, e soprattutto non hanno sicurezza perché basta una malattia a far perdere loro il posto, e di conseguenza l’alloggio e la possibilità di procurarsi del cibo, viene spontaneo paragonare quella precarietà a quella attuale. Anche i lavoratori precari di oggi non possono permettersi un alloggio, una famiglia, e basta poco per essere sostituiti al lavoro. Quando leggo: per il giovane lavoratore e per la giovane lavoratrice, per la coppia appena sposata, non c’è alcuna garanzia di una maturità serena e sazia, né di una vecchiaia dignitosa. Possono lavorare quanto vogliono, il loro futuro continuerà a essere incerto, non posso che pensare a quanto sia difficile per i trentenni di oggi stare a galla da soli.

E allora mi rendo conto che l’abisso infernale descritto da London non è così lontano come sembra. Basta poco, nell’incertezza economica di oggi, per trasformare una famiglia media in una famiglia povera. 
Nell’ultimo capitolo London si chiede se la civiltà abbia migliorato la condizione dell’uomo. Sembrerebbe di sì, perché ha permesso di aumentare la produttività. Ma allora è qualcos’altro a non funzionare. Si tratta di incapacità di gestione. 
Forse la storia è davvero solo un eterno ritorno. Si cresce per rimanere piccoli, e più l’economia si allontana dalla gestione locale, più diventa qualcosa di astratto su cui non riusciamo minimamente a influire, ma che influenza enormemente la vita di ciascuno.
Il popolo degli abissi è un classico da rileggere in ogni tempo.

Titolo: Il popolo degli abissi
Autore: Jack London
Editore: Robin
Collana: La Biblioteca
Traduttore: Andrea Minucci
Prezzo: 13.50 euro
Genere: saggio

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