Pochi giorni fa si sono svolte in tutte le scuole primarie e secondarie del paese le prove Invalsi.
Per chi ancora non lo sapesse, le prove Invalsi sono dei test pensati per tastare il polso della scuola. Per capire a che punto sono i ragazzi con l'apprendimento del programma ministeriale.
Ora, io non sarò lucida in questo momento, ma il prossimo che dice programma ministeriale lo appendo al muro.
Siamo in ritardo col programma, questo punto dal programma non è previsto.
La delegittimazione di ogni spunto personale.
Ora, immaginatevi un test a tempo sul programma ministeriale.
Un test a tempo?
In quelle due ore devi dare le risposte corrette, proprio quelle lì, non devi divagare e tantomeno - oh cielo, che eresia! - argomentare. E se questo può andare bene forse per dei ragazzi delle medie, immaginatevelo applicato a dei bambini di seconda elementare.
Che cosa può insegnare una prova di questo tipo?
A imparare la lezione a memoria
Che approfondire è male perché si perde tempo
Che conta di più dare la risposta giusta piuttosto che capire il procedimento con cui sei arrivato a quella risposta
Che certe materie sono più importanti di altre, quelle sottoposte al test, ovvio. Poi ci stupiamo del fatto che vogliano abolire l'insegnamento della storia dell'arte nelle scuole.
Volendo fare un discorso più ampio e più tecnico mi affido alle parole di Francesco Corlazzoli, maestro e giornalista, che in questo articolo uscito su Il Fatto Quotidiano scrive:
“Le prove Invalsi puntano ad ottenere la misurazione dei livelli d’apprendimento in italiano e matematica” al fine di “migliorare l’efficacia della scuola per le fasce più deboli della popolazione scolastica e far emergere le esperienze di eccellenza presenti nel Paese”.
Provate a rileggere con me questi obiettivi. Ora immaginate, se non lo siete, di essere dei maestri. Davanti a voi avete una classe: c’è Fabrizia, la “secchiona”, viene da una famiglia bene, con libri e cd a casa; c’è Mauro, dopo la separazione dei genitori, poiché papà lavora fino a sera, terminata la scuola, trascorre tutto il suo tempo in giro per il quartiere; c’è Hamed che avrebbe bisogno di un educatore di strada che ogni mattina passi da casa a svegliarlo in tempo per arrivare in classe con libri e cartella. Dimenticavo Shiva, lui ce la mette tutta, ma papà e mamma, nuovi abitanti delle nostre cascine di pianura, parlano solo l’indiano a casa. Andrea, invece, è diventato nel giro di qualche mese un vero e proprio bullo, è vittima di qualche episodio di sexting, di tanto in tanto minaccia qualche compagno.
Martedì, Mauro, Fabrizia, Andrea e gli altri faranno le prove Invalsi. Tra qualche mese avremo i risultati. Sono in grado di prevederli già ora: una netta differenza tra nord e sud, Sicilia e Sardegna in fondo alla classifica; in Puglia risultati migliori e al nord punte di eccellenza, ma qualche dato negativo sul Veneto. Buoni i risultati in italiano, peggiori quelli in matematica. Bla, bla, bla. È così da sempre, da quando esistono le prove Invalsi.
Intanto, per migliorare l’efficacia della mia classe, soprattutto per le fasce più deboli, abbiamo tremendamente bisogno di maestri. Per Mauro stiamo pensando, con una collega, di aiutare il padre a sostenere la spesa per aiutarlo nei pomeriggi a restare qualche minuto in più sui libri. Da Shiva, una volta la settimana, va un giovane universitario volontario. In classe a sostenere Andrea, non c’è nessuno. Mentre l’Invalsi, secondo quanto sostiene Cobas scuola (unico sindacato a proclamare uno sciopero) ci costa 14.000.000 euro, esclusi gli stipendi dei dirigenti dell’Istituto, le scuole non hanno più un centesimo per migliorare la cosiddetta efficacia.
Volendo argomentare ancora un po' di più, nel testo che accompagna l'appello dei Cobas contro la scuola-quiz si spiega con parole più efficaci quello che stavo tentando di dire confusamente poche righe sopra:
I quiz standardizzati avviliscono il ruolo dei docenti e della didattica, abbassando gravemente la qualità della scuola. L’inserimento di questa tipologia di prova in modo martellante, e collegato alla valutazione dell'efficacia della scuola, influenza in modo cruciale l'impostazione quotidiana della didattica, spingendo i docenti ad abdicare alla loro primaria funzione intellettuale e a piegarsi all'addestramento ai quiz, provocando la marginalizzazione delle materie non coinvolte nella valutazione e insieme il degrado delle discipline interessate: riduzione al problem solving per la matematica e per l'italiano oscuramento della complessa composizione scritta a favore della comprensione del testo, del quale non importano più i messaggi autoriali veicolati o il loro significato storico-culturale; un brano d'autore diviene un segmento intercambiabile, avulso dal contesto soggettivo e oggettivo che lo ha prodotto e la sua fruizione annulla anche la soggettività del lettore-studente, chiamato a risposte veloci, univoche, piatte e arbitrarie. Impartire un tale insegnamento significa annullare le soggettività coinvolte nell’atto pedagogico: ad uno studente privo di pensiero critico corrisponde un docente trasformato in tabulatore sempre più lontano dall’autonomia e dalla libertà d’insegnamento.
I quiz standardizzati avviliscono il ruolo dei docenti e della didattica, abbassando gravemente la qualità della scuola. L’inserimento di questa tipologia di prova in modo martellante, e collegato alla valutazione dell'efficacia della scuola, influenza in modo cruciale l'impostazione quotidiana della didattica, spingendo i docenti ad abdicare alla loro primaria funzione intellettuale e a piegarsi all'addestramento ai quiz, provocando la marginalizzazione delle materie non coinvolte nella valutazione e insieme il degrado delle discipline interessate: riduzione al problem solving per la matematica e per l'italiano oscuramento della complessa composizione scritta a favore della comprensione del testo, del quale non importano più i messaggi autoriali veicolati o il loro significato storico-culturale; un brano d'autore diviene un segmento intercambiabile, avulso dal contesto soggettivo e oggettivo che lo ha prodotto e la sua fruizione annulla anche la soggettività del lettore-studente, chiamato a risposte veloci, univoche, piatte e arbitrarie. Impartire un tale insegnamento significa annullare le soggettività coinvolte nell’atto pedagogico: ad uno studente privo di pensiero critico corrisponde un docente trasformato in tabulatore sempre più lontano dall’autonomia e dalla libertà d’insegnamento.
Quello che posso affermare con certezza è che gli alunni devono imparare a studiare, non a superare dei test. E imparare a studiare significa, per me:
appassionarsi
approfondire
incuriosirsi
uscire dagli schemi e sapervi rientrare subito dopo
fare esperienza, per quanto possibile, di quello che si studia
allenare il pensiero
porre delle domande
porsi delle domande
cercare le risposte dentro i libri ma avere l'intelligenza di saperle cercare anche nella vita. quella vissuta.
Sempre più "poveri"
RispondiEliminaTi assicuro che anche alle medie, sono prove inutili: i ragazzi, più sgamati che alle elementari, non si preparano neanche perchè non fa media. Quindi? :-(
RispondiEliminaSono Gaia! :-)
Eliminama sai che a noi le maestre hanno detto che fanno media??? in quinta elementare..
EliminaMeno male, gente, pensavo che il mio pensiero al riguardo fosse impopolare, un po' da mamma frignona e chioccia, ma la gente che ha commentato qui di certo frignona non è, e se è d'accordo con me...
RispondiEliminaVisto che citi il post pubblicato su Il Fatto Quotidiano, perché non citi anche i numerosi commenti contrari che questo ha suscitato. Il test Invalsi serve a misurare il grado di apprendimento e questo lo puoi fare con dei test a risposta chiusa, non con analisi, approfondimenti ecc., per quelli c'è la normale valutazione scolastica. Nel test si cerca di capire la capacità di insegnamento derivante dal livello di apprendimento. In paesi scolasticamente più evoluti di noi (USA, UK) i test sono la base quotidiana di valutazione degli studenti. "Poi ci stupiamo del fatto che vogliano abolire l'insegnamento della storia dell'arte nelle scuole." perché alle elementari c'è storia dell'arte ? Sono una fautrice della scuola pubblica, ma vogliamo pensare che oltre alle colpe dei vari governi che hanno tagliato fondi, ci sono anche quelle di chi non vuole farsi misurare e riconoscere le diversità (e quindi gli inevitabili diversi livelli di apprendimento) come il maestro da te citato.
RispondiEliminaIo vorrei sapere se nella scuola di mia figlia i punteggi della sua classe sono più bassi di quelli di altre classi: magari la responsabilità è anche delle insegnanti, no ?!