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martedì 8 marzo 2011

Una pagina bianca è una poesia nascosta


Ho incontrato Ivan per la prima volta qualche anno fa, su un muro.
Ero arrivata a Milano da poco per lavorare nel mondo delle gallerie d'arte, scelta che si rivelò molto presto infausta e troppo istituzionale per il percorso che avevo in mente.
Svoltando in viale Cassala, un brutto vialone a scorrimento veloce, in cui in realtà molto spesso ci si trova impantanati e accomunati dallo stesso destino, quello di essere tanti piccoli Caronte che traghettano la propria anima verso gli Inferi del Discount a Confezione Risparmio, lo vidi. Proprio in quel luogo di rara bruttezza esteriore e, diciamocelo, sospetto pure interiore, feci una scoperta sconvolgente. I muri parlavano. E non parlavano d'amore o di quanto luca ce l'avesse piccolo e francy fosse una che andava con tutti. Parlavano il linguaggio della poesia. Discreto ma potente, cementificato ma non imbrigliato e per questo assolutamente dirompente, rivoluzionario. Perché era alla portata di tutti. In quell'occasione lessi la prima poesia di Ivan.


Da allora l'ho seguito da lontano, e una volta da vicino, quando l'ho incontrato nello studio che divide con gli altri ragazzi della factory di Art Kitchen, un collettivo di giovani artisti che cerca instancabilmente nuovi modi di fruizione dell'arte, nuovi mercati, nuove strade da percorrere. Con i suoi assalti poetici Ivan mira a restituire alla parola la libertà che le è propria e congenita. La restituisce alla città, non solo ai muri, ma alle piazze, alle strade, ai fiumi. E lo fa in Italia, a Cuba, ad Haiti, in Palestina. Ovunque ci sia un cielo da far fiorire. Ed è naturale, in questa prospettiva, pensare all'idea di liberare per le città tanti "spazi liberi autogestiti", in cui l'artista si fa tutt'uno con il pubblico, che diventa protagonista nell'espressione della propria individualità. Nasce così l'esperienza di Pagina Bianca, una performance itinerante che ha già toccato Firenze, Bologna, Genova, Napoli, Verona, Ferrara e vedrà la sua prossima tappa ad Angers, in Francia, a maggio.

Come vi ho già detto, io sono una cultrice della parola. Ma non per questo penso che la parola debba essere oggetto di culto. L'arte, e soprattutto la poesia, va condivisa, strappata alle pagine dei libri e alle antologie, e restituita a forza a chi appartiene di diritto. Alla gente.


E Ivan lo sa fare divinamente.

2 commenti:

  1. cara benedetta grazie molte per il post (i ragazzi qui in art kitchen mi diedero ambasciata) e altro non posso che rinnovare un poco questo tuo vento soffiato i semi al vento, per te che di certo, sei, come sai, poeta che legge ! un abbraccio forte e sparso i

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  2. Grazie a te... tu getti semi al vento, noi di tanto in tanto ci ricordiamo di innaffiarli, perché di Bellezza ce n'è sempre bisogno...

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