Un weekend di novembre, diciamo quello che si posiziona nel mezzo, non prendete impegni, ma andate a Genova. Per visitare i suoi carruggi, respirare la sua storia, per gustare la sua musicalità interrotta, cadenzata e ammaliante. Per sentire i profumi e toccare con mano la sua cucina, così restia ma allo stesso tempo così generosa con chi le si avvicina.
Ma non solo.
Il 16-17-18 novembre si svolgerà a Genova, presso il Palazzo Ducale, Babel, Festival di editoria, musica e persone indipendenti. Una tre giorni di eventi, performance, reading, concerti live organizzata da Habanero, un collettivo di giovani autori che due anni fa si è costituito casa editrice indipendente con sede a Genova, appunto.
Qui trovate il programma del festival.
E qui il loro blog.
Io vi lascio direttamente alle loro parole, che molto meglio di altre spiegano la motivazione che li guida e la scintilla che li muove.
«Volare come un uccello: ecco il sogno; correre sulla bicicletta: ecco oggi il piacere. Si torna giovani, si diventa poeti»
Si diventa poeti: B▲BEL come sogno entusiasta e caotico, come poesia che prende forma, diventa installazione, si innesta in una struttura fatta di più di trenta case editrici coinvolte in vari modi, venti free press e fanzine, cinque etichette discografiche, trenta performance in tre giorni. B▲BEL come luogo in una società di non-luoghi, momento di aggregazione nell’epoca della solitudine post moderna e post industriale. Post. Ma se ci fosse qualcosa di “pre”? Se noi fossimo a ridosso di un qualcosa ancora da succedere e quindi impossibilitati ad accorgercene?
Si torna giovani: coniugare, unire, sorridere, cantare, emozionarci. La gioventù di B▲BEL si rinverdisce nelle midolla attraverso e grazie a Genova. La storia di Genova è una storia diindipendenze. Le indipendenze politiche e artistiche che hanno modellato ed intagliato Genova e lo spirito dei genovesi, nel bene e nel male, stimolano ancor di più a coinvolgere ed incentrare la nostra tre-giorni su temi e parole come indie, underground, alternativo, sogni anch’essi che echeggiano senza essere arrocchi, senza dover schermare niente, ma anzi diventando spina dorsale di una discussione, di un percorso, voci diverse che sono valori aggiunti.
Se «l’altra metà del libro» è per Manguel, in sintesi, il lettore stesso, noi di B▲BELproponiamo di aggiungere alla discussione il nostro apporto parlando dell’«altra» altra-metà-del-libro, ovvero quell’editoria – indipendente, ça va sans dire – che, povera di risorse ma mai di contenuti, ha dovuto fare in modo di andarsi a prendere un proprio pubblico – a volte costruendoselo, addirittura – attraverso un transfert positivo fatto di fiducia, presenza, eventi, credibilità, attendibilità.
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