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martedì 7 giugno 2011

Lavorare per (senza?) vivere


Quasi tutti noi dobbiamo lavorare per vivere. Non ho niente contro il lavorare, ma è quel dobbiamo che non mi piace. La maggior parte del nostro tempo, la passiamo sul luogo di lavoro e releghiamo il resto alle serate - troppo brevi per il troppo lavoro e l'eccessiva stanchezza - ai weekend e alle vacanze.
Quanti giorni i ferie avete? Io ne ho 30, che dovrebbero essere 6 settimane comprensive di sabati e domeniche. 6 settimane su 52. Cioè passo 46 settimane all'anno in ufficio.
Mi si è già chiuso lo stomaco al pensiero.
E tutto questo in nome dell'economia, della produttività, della competitività.
Certo siamo lontanissimi dalla semi-schiavitù dei tempi della rivoluzione industriale, ma lo siamo anche da quelli di una rivoluzione umana che ponga l'Essere al centro.
L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro. E lo rispetto, non fraintendete. È il rapporto uomo/lavoro che, però, non va bene.
Lavorare è importante, ma non può esserlo più di vivere. Godere del profumo del gelsomino mentre cammino con calma verso l'asilo nido per prendere mia figlia, un mercoledì di giugno qualunque. Questo mi è negato, perché a quell'ora sono in un ufficio condizionato, dove l'unico odore che sento è quello della polvere.
Godere della libertà di uscire dopo un temporale per sentire il profumo della terra e trarne rinnovato vigore per affrontare quel che resta del giorno. Questo mi è negato, perché non c'è terra intorno al mio ufficio e, quando sono di ritorno a casa, del giorno non è rimasto più niente.
Piccoli piaceri della vita relegati a 134 giorni all'anno circa.
A me non basta.
Che cosa voglio?
Una rivoluzione del pensiero.

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