Capitolo 4
Uno dei motivi per cui si scrive, l'istinto primario che porta ad afferrare la penna e a buttare giù, nero su bianco, un pensiero è il desiderio di condividere quello stesso pensiero con qualcuno. Nessuno scrive sperando di non essere letto. Persino il diario segreto di un adolescente viene scritto per un ipotetico lettore, che spazia dallo stesso soggetto in età adulta (per non dimenticare) alla comunità, che sarà interessata a ogni aspetto della vita del soggetto, che nel frattempo sarà diventato, nella sua fantasia, una rock star o qualcosa di simile.
Io iniziai a scrivere all'età di nove anni. Iniziai per diventare uno che sapeva creare emozioni come Edgar Allan Poe, anche se quello che scrissi poco aveva a che fare con il suo stile. Era una storia di fantapolitica sulla cessazione della guerra fredda. Nel lontano 1969. A ripensarci adesso, aveva un che di profetico. Peccato che sia andato perso, insieme ad altre brevi storie del mio infantile ingegno.
Ma da dove nasce il desiderio di condividere pensieri ed emozioni con un pubblico sconosciuto, magari con generazioni lontane? Oltre a un desiderio di immortalità, si tratta della impossibilità di accettare di essere un puntino insignificante nella complessità della storia del mondo.
Gustav si alzò inquieto e andò in cucina. Era una sorta di rifugio, la sua cucina, perché non aveva finestre, ma solo un lucernario, da cui prendeva luce senza concedere alcuno scorcio di intimità a occhi indiscreti. Era un bozzolo luminoso. Un bozzolo dove poteva prepararsi un tè confortante e dove pensare sembrava più facile, più naturale.
Versando l'acqua calda nella teiera, ripensò a quanto gli scottassero ancora nell'anima quelle lezioni in cui Barbato aveva preteso che gli studenti gli spiegassero, a voce o per iscritto, perché volessero scrivere. Lezioni di bollente umiliazione.
<<Io sto investendo il mio tempo su di voi. Voglio sapere perché volete scrivere. Non me ne faccio niente di quattro fighetti tanto innamorati del proprio ombelico da volerci scrivere intorno una storia. Se vi piace il vostro ombelico indossate una maglietta corta, mostratelo per strada, fotografatelo... ma non scrivetene. Oggi il mondo è pieno di gente che scrive intorno al proprio ombelico, non ce ne serve altra. Io voglio scrittori. Veri. Avanti, chi inizia? Sabrina, forza, che hai da dire?>>
<<Scrivo perché nel mondo ci sono un sacco di cose che non mi piacciono. La mia scrittura è una denuncia.>>
<<Bene. Però devi concretizzare questa idea. Nei tuoi scritti ancora non si vede la denuncia. Devi imparare a focalizzare l'obiettivo intorno a cui allestire la storia.>>
Sabrina annuì mentre prendeva fedelmente appunti.
<<Gustav, illuminaci.>>
Gustav rimase pensieroso per qualche secondo. <<Mi piace notare analogie tra cose diverse e tra loro lontane. Scrivo per avvicinare cose lontane.>>
<<Sempre criptico. Queste sono parole vuote, come quelle che metti sulla carta.>> Barbato si avvicinò alla scrivania, sfogliò con mani furibonde il plico di elaborati e ne estrasse uno. <<Ecco, ora vi leggo - e lo leggo io, perché tu hai una voce bassa da far pietà - il racconto del nostro Nightingale, che dovrebbe spiegare perché scrive. Poi giudicate voi se vuol dire qualcosa.