La Terra è un gigante malato, ferito da troppo rumore, troppo veleno, troppa avidità. E mentre come sanguisughe voraci ci attacchiamo al suo seno generoso, ci riempiamo la bocca di concetti come energia alternativa e sostenibile, economia sostenibile, ma intanto deliriamo su un nucleare francamente insostenibile.
E se alla parola spettasse il compito di guarire? Se ci bastasse ripetere poche, semplici formule per cancellare le tracce del nostro passaggio? La poesia, l'arte, la musica hanno da sempre il potere di curare le anime ferite. Se funzionasse anche per la Terra?
Se esistesse davvero questa possibilità, allora basterebbe avvicinare le cuffie dell'i-pod al terreno per trasmettergli la parola di Mia Doi Todd, per far sì che la sua melodia ancestrale raggiunga le viscere, il magma, il cuore di questo gigante in cancrena e inizi la sua lenta opera di guarigione.
GEA, uscito nel 2008, è il settimo album di questa artista, che è anche cantante, pittrice, ballerina e parla una lingua antica e dimenticata. La sua voce profonda si muove da distanze siderali, abissi spazio-temporali e mi raggiunge sull'orlo del baratro. Anche in questo disco, come già ci aveva abituato nei suoi precedenti lavori, le melodie sono accompagnate da una chitarra scarna che si ripete in moti circolari dando vita a un rito propiziatore che reclama pioggia e lacrime, mentre qua e là violini, strumenti a fiato e pochi ma concreti accenni ritmici lambiscono la sua vocalità piena, gravida di promesse di salvezza. Quando il disco si apre con la lenta, emorragica River of life, le parole, i suoni si muovono in circolo, facendomi accedere a una setta di adoratori del sole, del vento, del mare, delle nebbie. Scandiscono il tempo un bongo ipnotico e il suono reiterato e psichedelico di un sitar. Quando la chitarra di Mia Doi Todd si inserisce in questo dialogo a due voci, lo fa per trascinarci una volta per tutte nella spirale degli adoratori di dèi pagani.
Non sono sicura di essere pronta per entrare, farmi avvolgere da questa sensualità eterea e mistica. Ma sento che la guarigione è vicina. Quando inciampo in Kokoro percepisco da subito dei fruscii al di sotto della musica, come se qualcuno si stesse muovendo per la stanza, sfogliando pagine antiche, forse libri di stregoneria, mentre la sacerdotessa ripete la sua formula magica come un mantra. Con il brano In The End giungo alla fine di questo rituale e come d'incanto mi sento liberata da fardelli troppo pesanti, ho esorcizzato il dolore del distacco, l'angoscia della perdita. Per andare incontro a un vecchio, nuovo mondo.
Forse Mia Doi Todd non avrà guarito la Terra. Ma di sicuro sta guarendo me.Questo Post partecipa all'Earth Day 2011.
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