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martedì 6 marzo 2012

Pecore nere - capitolo 7



Capitolo 7
L'uomo con gli occhiali dalla montatura d'oro si aprì una bottiglia di birra. Ne trangugiò disgustosamente un sorso; poi guardò la sua audience di speranzosi aspiranti scrittori.
<<Oggi facciamo esercizio di autostima. Dovete imparare a parlare in pubblico. Quindi venite qui in cattedra e leggete il vostro racconto. Che poi gli altri giudicheranno. Nightingale! Sentiamo come cinguetti.>>
Nightingale era lui, il punto di vista del sogno. Quello che non si vedeva, ma che c'era. 
Il punto di vista del sogno si spostò, andò alla scrivania e si trovò davanti una scena diversa. Studenti presuntuosi in cerchio e l'uomo con gli occhiali dalla montatura d'oro in piedi dietro di loro, con la bottiglia di birra in mano.
Il punto di vista iniziò a leggere. Più che leggere, declamava, perché la scena non cambiò. O meglio ancora. Aveva la sensazione di parlare, ma non emetteva suoni.
Percepiva il brusio di chi bisbigliava che non sentiva niente. L'angoscia del punto di vista aumentava. Poi si sentì un boato. Un ruggito che sapeva di birra. 
<<Alza quella voce, Nightingale, qua non sentiamo niente. Ti vergogni di quello che hai scritto? Un vero scrittore deve avere le idee chiare per non lasciarsi intimidire. Parlare ad alta voce equivale a scrivere sapendo dove andrai a parare. Nightingale, dove vai a parare?>>
Il punto di vista stava quasi urlando senza produrre suono. Urlava prolungando il silenzio, finché aprì gli occhi gridando <<'fanculo>>.
Gustav si guardò intorno smarrito per qualche istante. Poi si alzò, prese il portatile e iniziò a scrivere. 
Scrisse cose senza senso. Frasi sconnesse, in un file che chiamò Parole Notturne.  Era come liberare un'energia in eccesso, una frustrazione che lo portava a fare quegli incubi. 
L’imperfezione ha un che di elegante, una sorta di superiorità su tutto ciò che si affanna per essere perfetto. E poi, in fondo, la perfezione è solo una regola noiosa che ci renderebbe tutti uguali.
Se dipingiamo il mondo in bianco e nero, tutti gli altri colori scompaiono.
Forse non aveva mai accettato completamente il fatto di essere stato allontanato dalla scuola di Barbato, unico di tutto il corso, perché non aveva appreso abbastanza dell'arte dello scrivere. 
Mai portare avanti una conversazione alla pari, supponendo di essere superiore.
Ma non supporre nemmeno mai di essere inferiore.
Anche se per Barbato più che di un'arte si trattava di una missione. Certo, l'aspetto vocazionale era imprescindibile anche per Gustav, ma non era totalizzante. 
Costoso e prezioso sono solo una rima baciata. Noioso, ventoso, chiassoso, eroso, gustoso, succoso, nebuloso, presuntuoso.
Gli mancava il pathos di un'esperienza totalizzante. 
Forse, per scrivere un romanzo, avrebbe dovuto lasciarsi avvolgere dalla vita come da una calda coperta in inverno. Doveva guadagnarsi la capacità di entrare in mondi che non gli appartenevano, e possederli. Anzi, no. Lasciarsene possedere. Sì, forse era per quello che riusciva a concludere solo brevi racconti. Perché attraversava la vita con un'armatura addosso. Non poteva certo percepire la morbidezza della coperta su di sé, in quel modo. 
 Frettoloso e ingegnoso.
Non fidarsi delle rime.

La mattina seguente, dopo essersi reso presentabile al mondo, Gustav si sistemò alla scrivania per lavorare alla traduzione. Non era facile concentrarsi perché era già proiettato al weekend di festival che avrebbe trascorso con Martina a S. Candido. Camera doppia con letti gemelli, l’unica che avevano trovato. Gustav non avrebbe detto di essere innamorato di Martina, però quella loro affinità intellettuale la rendeva davvero molto sexy. Se non ci aveva mai provato era per non rovinare tutto. Chissà, magari si sarebbero ubriacati e si sarebbero trovati a dividere lo stesso letto singolo. Nudi... 
Gustav agitò in aria le mani, come per liberarsi da quelle immagini, e si mise al lavoro. 
Quando si ha l'impulso di scrivere è bene prendere carta e penna, o accendere il computer, e scrivere. Assecondate sempre l'anelito alla scrittura. Poi lasciate sedimentare lo scritto per qualche giorno o settimana. Riprendetelo e chiedetevi: tutto ciò può interessare a qualcuno? Perché in fondo noi siamo piccoli esseri insignificanti. Dobbiamo quindi accertarci che quello che abbiamo scritto non parli di noi, o soltanto di noi e della nostra misera esistenza, ma sia uno sguardo ampio sul mondo in cui viviamo. Scrivere è un viaggio verso gli altri.
Martina rilesse il proprio quaderno dei sogni davanti a una tazza di caffè bollente. 
Le capitava sempre più spesso di fare sogni così. Che coinvolgevano lei e una star del cinema. Questa volta si trattava niente meno che di Jude Law. E lo incontrava su due livelli di realtà. Nel primo era un vero bastardo, trafficante di armi o spia di qualche governo che le scaricava sul groppone una partita di rifiuti tossici. E lei si ritrovava con questa bomba chimica di cui non sapeva come disfarsi.
Nel secondo livello era un ragazzo normale che frequentava il suo stesso corso di yoga nell'ampio scantinato del condominio dei suoi genitori. Quello in cui vivevano davvero. E il suo problema, di Martina, era se tentare di sederglisi accanto o fingere di ignorarlo totalmente. 
Poi era suonata la sveglia, e lei era rimasta con la vaga sensazione di aver dimenticato qualcosa.
Rifiuti tossici o meno, era stato un bel sogno.
Poi il pensiero le si spostò su Gustav, senza nessun motivo. Sperava che dividere la stanza non gli creasse delle false aspettative. Ma no. Erano amici. Niente di più. 
Riprese in mano il quaderno dei sogni e sorrise. 
Riempì la Mary Poppins' bag, si guardò nello specchio dell'ingresso per sistemare i corti capelli castano chiaro e uscì diretta in università.

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